Prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero

In arrivo le norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta (LEGGE 17 maggio 2022, n. 61)

La legge in oggetto è volta a valorizzare e a promuovere la domanda e l’offerta dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, favorendone il consumo e la commercializzazione e garantendo ai consumatori un’adeguata informazione sulla loro origine e sulle loro specificità.
Le regioni e gli enti locali possono adottare le iniziative di loro competenza per assicurare la valorizzazione e la promozione dei prodotti di cui sopra.
All’attuazione dl quanto previsto si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Si intendono per prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero, i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento, compresa l’acquacoltura, di cui all’allegato I al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e i prodotti alimentari di cui all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, provenienti da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima o delle materie prime agricole primarie utilizzate posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita, o comunque provenienti dalla stessa provincia del luogo di vendita, o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, e i prodotti freschi della pesca in mare e della pesca nelle acque interne e lagunari, provenienti da punti di sbarco posti a una distanza non superiore a 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita o dal luogo di consumo del servizio di ristorazione, catturati da imbarcazioni iscritte nei registri degli uffici marittimi delle capitanerie di porto competenti per i punti di sbarco, e da imprenditori ittici iscritti nei registri delle licenze di pesca tenuti presso le province competenti.
I prodotti agricoli e alimentari nazionali provenienti da filiera corta, invece, sono i prodotti la cui filiera produttiva risulti caratterizzata dall’assenza di intermediari commerciali, ovvero composta da un solo intermediario tra il produttore, singolo o associato in diverse forme di aggregazione, e il consumatore finale.
Le cooperative e i loro consorzi non sono considerati intermediari. I comuni riservano agli imprenditori agricoli e agli imprenditori della pesca e dell’acquacoltura marittima e delle acque interne, singoli o associati in cooperative, esercenti la vendita diretta dei prodotti agricoli e alimentari almeno il 30 per cento del totale dell’area destinata al mercato e, per la pesca, delle aree prospicienti i punti di sbarco.
I comuni, nel caso di apertura di mercati agricoli, possono riservare agli imprenditori agricoli, singoli o associati in diverse forme di aggregazione, esercenti la vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, appositi spazi all’interno dell’area destinata al mercato. E’ fatta salva, in ogni caso, la possibilità per gli imprenditori agricoli di realizzare tipologie di mercati riservati alla vendita diretta.
Le regioni e gli enti, locali, d’intesa con le associazioni di rappresentanza del commercio e della grande distribuzione organizzata, possono favorire, all’interno dei locali degli esercizi della grande distribuzione commerciale, la destinazione di particolari aree alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta.
Chiunque utilizza le definizioni sopra indicate in maniera non conforme alla presente legge o utilizza i loghi in assenza dei requisiti, nell’etichettatura, nella pubblicità, nella presentazione e nei documenti commerciali è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.600 euro a 9.500 euro.

IMPi : pronti i codici tributo

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 10 giugno 2022 n. 27/E ha reso noto i codici tributo per il versamento, tramite modello F24, dell’imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi), di cui all’art. 38, D.L. n. 124/2019, conv., con modif. dalla L. n. 157/2019.

L’art. 38, co. 1, D.L. n. 124/2019, conv., con modif. dalla L. n. 157/2019, prevede che a decorrere dall’anno 2020 è istituita l’imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi) in sostituzione di ogni altra imposizione immobiliare locale ordinaria sugli stessi manufatti.

L’imposta è calcolata ad aliquota pari al 10,6 per mille, ed è riservata allo Stato la quota di imposta calcolata applicando l’aliquota pari al 7,6 per mille.

Tanto premesso, per consentire il versamento, mediante il modello F24, dell’IMPi a favore dei comuni cui spetta il gettito dell’imposta derivante dall’applicazione dell’aliquota del 3 per mille e le maggiori somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, derivanti dallo svolgimento delle attività di accertamento e riscossione svolte dai comuni cui spetta, il relativo gettito, sono istituiti i seguenti codici tributo:

– “3971” denominato “IMPi – Imposta immobiliare sulle piattaforme marine – COMUNE”;

– “3972” denominato “IMPi – Imposta immobiliare sulle piattaforme marine – INTERESSI DA ACCERTAMENTO – COMUNE”;

– “3973” denominato “IMPi – Imposta immobiliare sulle piattaforme marine – SANZIONI DA ACCERTAMENTO – COMUNE”;

Resta fermo l’utilizzo del codice tributo già istituito con risoluzione n. 77/E del 2 dicembre 2020, per il versamento della quota riservata allo Stato:

– “3970” denominato “IMPi – Imposta immobiliare sulle piattaforme marine – STATO”.

In caso di ravvedimento, le sanzioni e gli interessi sono versati unitamente all’imposta dovuta.

In sede di compilazione del modello F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “IMU E ALTRI TRIBUTI LOCALI”, in corrispondenza delle somme indicate esclusivamente nella colonna “importi a debito versati”, riportando i seguenti dati:

– nel campo “codice ente/codice comune” indicare il codice catastale del comune nel cui territorio sono situati gli immobili, reperibile nella tabella pubblicata sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it;

– barrare la casella “Ravv.” se il pagamento è effettuato a titolo di ravvedimento;

– barrare la casella “Acc.” se il pagamento si riferisce all’acconto;

– barrare la casella “Saldo” se il pagamento si riferisce al saldo. Se il pagamento è effettuato in un’unica soluzione, barrare entrambe le caselle “Acc.” e “Saldo”;

– nel campo “Numero immobili” indicare il numero degli immobili;

– nel campo “Anno di riferimento” indicare l’anno d’imposta a cui si riferisce il pagamento, nel formato “AAAA”. Nel caso in cui sia barrata la casella “Ravv.” indicare l’anno in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata.

Ulteriore rideterminazione temporanea aliquote di accisa sui carburanti

Forniti chiarimenti sull’ulteriore rideterminazione temporanea delle aliquote di accisa sui carburanti e sugli adempimenti per gli esercenti (Agenzia delle dogane e dei monopoli – Circolare 08 giugno 2022, n. 23).

La legge 20 maggio 2022, n. 51, nel convertire il decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, ha introdotto l’art. 1-bis riproducente le disposizioni dell’art. 1 del decreto-legge 2 maggio 2022, n. 38.
Si rammenta che il citato art.1 del decreto-legge n. 38/2022, ora abrogato dalla della legge n. 51/2022 (art. 1, comma 2), aveva apportato un’ulteriore rideterminazione di talune aliquote di accisa di cui all’Allegato I al testo unico approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, (TUA), senza soluzione di continuità e nelle misure fissate dai precedenti interventi normativi di riduzione temporanea.
L’art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/2022 conferma la vigenza delle aliquote di accisa sotto specificate a decorrere dal 3 maggio 2022):
– benzina: euro 478,40 per mille litri;
– oli da gas o gasolio usato come carburante: euro 367,40 per mille litri;
– gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante: euro 182,61 per mille chilogrammi.
Viene così mantenuta l’efficacia delle riduzioni operate dapprima dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 21/2022 e dall’art. 1 del decreto 18 marzo 2022 del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della transizione ecologica (a decorrere dal 22 marzo 2022) e, successivamente, dal decreto interministeriale 6 aprile 2022 (a decorrere dal 22 aprile 2022 per la benzina ed il gasolio, dal 21 aprile 2022 per i GPL, e fino al 2 maggio 2022 per tutti i menzionati prodotti).
Il medesimo art. 1-bis, comma 1, lett. a), del decreto-legge n. 21/2022, sempre a decorrere dal 3 maggio e fino all’8 luglio 2022, ha ricompreso nella rideterminazione temporanea anche un’ulteriore aliquota di accisa di cui si riporta la variazione intervenuta:
– gas naturale usato per autotrazione: da euro 0,00331 per metro cubo ad euro zero per metro cubo.
Di tale aliquota si dovrà tener conto in sede di liquidazione dell’accisa nelle fatturazioni relative ai quantitativi di gas naturale per uso autotrazione forniti nel predetto arco temporale.
Le aliquote di accisa così rideterminate restano in vigore fino all’8 luglio 2022.
L’art. 1-bis, comma 2, mantiene fino al suddetto termine dell’8 luglio 2022 la disapplicazione della aliquota ridotta prevista per il gasolio commerciale dal punto 4-bis della Tabella A allegata al TUA di cui ordinariamente beneficiano gli esercenti trasporto di merci e trasporto di persone (art. 24-ter del TUA), inglobando anche il periodo che va dal 22 aprile al 2 maggio 2022 di vigenza del decreto interministeriale 6 aprile 2022. Conseguentemente non si darà luogo, per il secondo trimestre 2022, alla presentazione della dichiarazione di rimborso dell’accisa sui litri di gasolio consumati.
L’art. 1-bis, comma 3, fissa l’obbligo per gli esercenti depositi commerciali di cui all’art. 25, comma 1, del TUA nonché impianti di distribuzione stradale di carburanti di cui al comma 2, lett. b), del medesimo art. 25 di trasmettere al competente Ufficio delle dogane, tramite PEC ovvero per via telematica, entro il 15 luglio 2022, i dati dei quantitativi fisici dei carburanti le cui aliquote sono state da ultimo rideterminate giacenti nei serbatoi alla fine della giornata dell’8 luglio 2022.
Lo stesso comma 3 sancisce il venir meno del pregresso obbligo di comunicazione delle giacenze disposto dall’art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 21/2022 originariamente riguardante solo la benzina ed il gasolio usato come carburante (rilevazione delle giacenze alla data del 21 aprile 2022) facendo salvi, in ragione dell’avvenuto assorbimento dell’adempimento, eventuali comportamenti omissivi posti in essere dagli esercenti. Va da sé che non sono configurabili come illeciti amministrativi neanche possibili inosservanze dell’art. 1 della determinazione direttoriale prot. 177707/RU del 22 aprile 2022 (rilevazione delle giacenze alla data del 2 maggio 2022).
Infine, cessato il periodo di specifica efficacia, non trova più applicazione l’adempimento di cui all’art. 1, comma 6, del decreto-legge n. 21/2022, in virtù del quale i titolari dei depositi fiscali e gli esercenti dei depositi commerciali di cui agli art. 23 e 25 del TUA erano tenuti a riportare nel documento amministrativo semplificato telematico l’aliquota di accisa applicata ai quantitativi dei prodotti energetici ivi indicati.

IVA: effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa

Il Fisco fornisce chiarimenti sul differimento dei termini di accertamento IVA e gli effetti sul termine di presentazione della dichiarazione integrativa (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 09 giugno 2022, n. 328)

Nella fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria, l’istante ritiene di essere nei termini per presentare la dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 al fine di modificare la scelta dell’utilizzo di un credito IVA da rimborso, come manifestato nella dichiarazione originariamente presentata, a detrazione e/o compensazione.
La Società, infatti, come meglio argomentato nel seguito, ritiene di poter presentare una dichiarazione integrativa della Dichiarazione IVA 2014 fintantoché non sono spirati i termini per il controllo di detta dichiarazione originariamente presentata da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Orbene, nel caso di specie, il termine di decadenza del potere di accertamento in relazione alla Dichiarazione IVA 2014 è ancora in corso, in quanto lo stesso è rimasto sospeso per il periodo che è intercorso tra il quindicesimo giorno successivo alla data in cui l’Ufficio ha notificato la Richiesta Documenti (aprile 2016) e la data in cui la Società ha adempiuto a tale richiesta con la Consegna Documenti (3 luglio 2020).
Tale dilatazione dei tempi per la risposta è stata causata da particolari accadimenti, in precedenza descritti, per cui la Società ha potuto presentare la documentazione comprovante il proprio diritto al rimborso solo quando è riuscita a definire compiutamente la propria posizione debitoria nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e si è conclusa l’attività di controllo medio tempore avviata dall’Ufficio pur se relativa ad un’altra annualità.
Il Fisco, a riguardo, ritiene che il rinvio ai «termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633» ad opera del comma 6- bis dell’articolo 8 del d.P.R. n. 322 del 1998 – con riferimento alle tempistiche di presentazione della dichiarazione integrativa ai fini IVA – non può che far riferimento ai termini “ordinari” disciplinati dal comma 1 dell’articolo 57 per le motivazioni di seguito esposte.
Anzitutto – per finalità di coerenza ed organicità del sistema – vi è l’esigenza di garantire continuità con il passato, laddove, l’originario rinvio – ai fini della presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, anche per l’IVA oltre che per le imposte sui redditi e dell’IRAP – ai termini di cui all’articolo 2, comma 8- bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, non contemplava alcuna forma di “differimento” ancorata alle tempistiche di presentazione della documentazione richiesta ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA.
L’allungamento dei tempi di presentazione della dichiarazione integrativa “a favore”, con l’introduzione altresì di una norma ad hoc ai fini IVA, non altera la natura dell’istituto, di natura premiale, finalizzato a consentire al contribuente di emendare gli errori compiuti all’atto della presentazione della dichiarazione originaria, prima di essere raggiunto dall’azione accertatrice dell’Ufficio impositore.
Orbene, il “differimento” contemplato dal comma 3 del richiamato articolo 57, rappresenta uno “strumento di controllo”, volto ad evitare strumentalizzazioni che potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi in cui, come detto, il contribuente pretestuosamente “temporeggi” nell’ottemperare alla richiesta dell’Ufficio di presentazione della documentazione necessaria ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA, con l’obiettivo di far decorrere i termini per l’accertamento.

Trattasi, dunque, di una misura posta a presidio dei poteri dell’Ufficio, la cui applicazione discende dall’adozione di una condotta del contribuente scorretta o omissiva, da cui pertanto non può derivare un beneficio a suo favore, qual è l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa.
Resta fermo che, in base all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 443, nell’ipotesi in cui il rimborso fosse denegato per difetto dei presupposti stabiliti dall’articolo 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, con contestuale riconoscimento della spettanza del credito, ne sarebbe ammessa la «detrazione, successivamente alla notificazione» del provvedimento di diniego, «in sede di liquidazione periodica, ovvero nella dichiarazione annuale».

Via libera per il servizio di ricarica auto elettriche private dei dipendenti nel Welfare aziendale

Rientra nel regime di esclusione dal reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, co. 2, lett. f), D.P.R. n. 917/1986, il servizio di ricarica gratuito delle auto elettriche che la società datrice di lavoro offre ai propri dipendenti (Agenzia Entrate – risposta 10 giugno 2022 n. 329).

L’art. 51, co. 1, D.P.R. n. 917/1986, prevede che costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.

La predetta disposizione include nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro (c.d. “principio di onnicomprensività”), salve le tassative deroghe contenute nei successivi commi del medesimo art. 51.

In particolare, il co. 2, lett. f), del cit. art. 51 del Tuir dispone che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”.

In relazione all’ambito di operatività della lettera f), l’Agenzia delle Entrate ha più volte precisato che, affinché si determini l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, devono verificarsi congiuntamente le seguenti condizioni:

– le opere e i servizi devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti;

– le opere e i servizi devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura e non erogazioni sostitutive in denaro;

– le opere e i servizi devono perseguire specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto di cui all’art. 100, co. 1, del Tuir.

Le opere e i servizi contemplati dalla norma possono essere messi direttamente a disposizione dal datore di lavoro o da parte di strutture esterne all’azienda, a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e il terzo erogatore del servizio.

In considerazione della finalità della predetta normativa, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la disposizione di cui all’art. 51, co. 2, lett. f) del Tuir possa applicarsi anche nella ipotesi in cui il datore di lavoro, allo scopo di promuovere un utilizzo consapevole delle risorse ed atteggiamenti responsabili dei dipendenti verso l’ambiente, attraverso il ricorso alla mobilità elettrica, offra ai propri dipendenti il servizio di ricarica dell’auto elettrica.

Come accedere al bonus wedding, intrattenimento, cerimonie e horeca

Pronte le regole per accedere al contributo a fondo perduto per i settori del wedding, dell’organizzazione di feste e cerimonie, e di hotel, ristoranti e catering (HO.RE.CA). Le domande possono essere presentate dal 09 giugno al 23 giugno 2022 (Agenzia delle Entrate – provvedimento 08 giugno 2022 n. 197396).

Al fine di mitigare la crisi economica derivante dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’art. 1-ter, co. 1, D.L. n. 73/2021, conv., con modif. dalla L. n. 106/2021, ha previsto un contributo a fondo perduto a favore delle imprese operanti nei settori del wedding, dell’intrattenimento, dell’organizzazione di feste e cerimonie e del settore dell’HO.RE.CA..
Le risorse finanziarie stanziate complessivamente ammontano a 60 milioni di euro e sono state suddivise tra i diversi settori, destinando 40 milioni di euro ai soggetti operanti nel settore del “wedding”, 10 milioni di euro ai soggetti operanti nel settore dell’intrattenimento e dell’organizzazione di feste e cerimonie, diverso dal wedding, e 10 milioni di euro ai soggetti operanti nel settore dell’HO.RE.CA..
Gli aiuti non possono essere erogati ai soggetti destinatari di sanzioni interdittive o che si trovino in altre condizioni previste dalla legge come causa di incapacità a beneficiare di agevolazioni finanziarie pubbliche o comunque a ciò ostative. Gli aiuti, inoltre, non possono essere richiesti dai soggetti che si trovino in liquidazione volontaria o sottoposti a procedure concorsuali con finalità liquidatorie nonché da imprese già in difficoltà al 31 dicembre 2019, ad eccezione delle micro-imprese e delle piccole imprese, purché rispettino il requisito del mancato stato di liquidazione e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione.
I contributi spettano se le imprese operanti nei settori del wedding, dell’intrattenimento e dell’HORECA hanno subito nell’anno 2020 una riduzione dei ricavi non inferiore al 30 per cento rispetto ai ricavi del 2019 e un peggioramento del risultato economico di esercizio del 2020 di almeno il 30 per cento rispetto a quello del 2019. Per le imprese costituite nel corso del 2019 la determinazione del calo dei ricavi previsto dalla norma sarà calcolata in base ai valori degli imponibili delle fatture emesse e dei corrispettivi certificati nei periodi infrannuali di riferimento.
Con riferimento alle imprese con periodo di imposta non coincidente con l’anno solare, la riduzione dei ricavi e del risultato economico di esercizio sarà calcolata sulla base dei ricavi conseguiti nel periodo d’imposta precedente a quello dell’entrata in vigore del Decreto Sostegni-bis (ovvero quello relativo all’esercizio 2019/2020), da rapportare al valore dei ricavi o del risultato economico di esercizio conseguiti nel secondo periodo d’imposta precedente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto (ossia all’esercizio 2018/2019).
Le imprese, per accedere al contributo devono risultare regolarmente costituite, iscritte e attive nel Registro delle imprese alla data di presentazione dell’istanza e devono avere sede legale o operativa ubicata sul territorio nazionale. In particolare, per poter beneficiare del contributo, le imprese devono svolgere come attività prevalente, una di quelle individuate da uno dei codici ATECO 2007 indicati nelle tabelle A, B o C di cui all’Allegato 1 del decreto interministeriale del 30 dicembre 2021.
Per le imprese operanti nel settore del wedding in quanto svolgono una delle attività indicate nella tabella A, il contributo è spettante solo se l’ammontare dei ricavi del periodo di imposta del 2019 sia generato per almeno il 30 per cento da prodotti o servizi inerenti a matrimoni, feste e cerimonie.
Per la richiesta dei contributi, i soggetti in possesso dei requisiti sopra citati sono tenuti ad inviare una istanza, esclusivamente in via telematica, all’Agenzia delle entrate che curerà anche il processo di erogazione dei contributi stessi.
Detto questo, ai fini della fruizione del bonus, l’Agenzia delle Entrate ha definito le modalità di presentazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione, le specifiche tecniche e ogni altro elemento necessario all’attuazione della misura.
L’istanza, oltre ai dati identificativi del soggetto richiedente e del suo rappresentante legale qualora si tratti di un soggetto diverso dalla persona fisica, contiene la dichiarazione che la riduzione dei ricavi dell’anno 2020 sia almeno del 30 per cento rispetto a quelli del 2019, che il peggioramento del risultato di esercizio del 2020 rispetto a quello del 2019 sia almeno del 30 per cento, l’IBAN del conto corrente intestato al soggetto richiedente, identificato dal relativo codice fiscale, e il codice fiscale dell’intermediario eventualmente delegato alla trasmissione.
L’Agenzia delle entrate determina i contributi sulla base delle informazioni contenute nell’istanza. I contributi sono erogati mediante accredito sul conto corrente bancario o postale del richiedente. L’erogazione dei contributi di importo superiore a 150.000 euro sarà effettuata solo successivamente alla trasmissione della autocertificazione di regolarità antimafia.
Prima di effettuare l’accredito, l’Agenzia delle entrate effettua alcuni controlli con i dati presenti in Anagrafe Tributaria al fine di individuare anomalie e incoerenze che determinano lo scarto dell’istanza.
Tra i predetti controlli vi è anche quello della verifica che il conto corrente sul quale erogare il bonifico, identificato dal relativo codice IBAN, sia intestato o cointestato al soggetto richiedente. La predetta verifica è effettuata mediante un servizio realizzato da PagoPa S.p.A..

Tax credit strutture ricettive: modifica termini apertura piattaforma

Modalità applicative per l’accesso alla piattaforma online per la concessione del credito d’imposta alle strutture ricettive, di cui all’articolo 79 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (Ministero del turismo – Avviso 07 giugno 2022).

L’avviso in oggetto, che aggiorna e sostituisce l’avviso del 26 maggio 2022, è rivolto alle strutture ricettive esistenti alla data del 1° gennaio 2012. L’agevolazione consiste in un credito d’imposta nella misura del 65% delle spese sostenute, entro il massimo di 200.000 euro, per interventi di:
– manutenzione straordinaria
– restauro e di risanamento conservativo
– ristrutturazione edilizia
– eliminazione delle barriere architettoniche
– incremento dell’efficienza energetica
– adozione di misure antisismiche
– acquisto di mobili e componenti d’arredo
– realizzazione di piscine termali, per i soli stabilimenti termali
– acquisizione di attrezzature e apparecchiature necessarie per lo svolgimento delle attività termali, per i soli stabilimenti termali.
Il credito d’imposta è riconosciuto nei limiti delle risorse disponibili pari a 380 milioni di euro.
Le domande possono essere compilate e presentate dalle ore 12:00 del giorno 13 giugno 2022 alle ore 12:00 del giorno 16 giugno 2022, accedendo alla piattaforma dedicata.

Bonus produzione videogiochi: in arrivo il codice tributo

Istituito i codice tributo per l’utilizzo, tramite modello F24, del credito d’imposta a favore delle imprese di produzione dei videogiochi (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 08 giugno 2022, n. 26/E)

Il credito d’imposta a favore delle imprese di produzione cinematografica e audiovisiva è stato previsto in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 40 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche e audiovisive. (art. 15, legge 14 novembre 2016, n. 220).
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
La Direzione generale Cinema e audiovisivo del Ministero della cultura comunica telematicamente all’Agenzia delle entrate, entro il giorno 5 di ciascun mese, i dati dei soggetti ai quali, nel mese precedente, è stato riconosciuto il credito d’imposta con i relativi importi, nonché le eventuali variazioni, revoche e cessioni intervenute o accettate in detto mese.
Ciascun beneficiario può visualizzare l’ammontare dell’agevolazione fruibile in compensazione tramite il proprio cassetto fiscale, accessibile dall’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate.
Per consentire l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del suddetto credito d’imposta, è istituito il seguente codice tributo:
– “6977” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese di produzione dei videogiochi – art. 15 della legge 14 novembre 2016, n. 220”.

Decadenza incentivi per la valorizzazione edilizia

L’Agenzia delle entrate, con la risposta del 6 giugno 2022, n. 324, ha fornito precisazioni sulla decadenza degli incentivi per la valorizzazione edilizia, di cui all’articolo 7 del DL n. 34 del 2019.

Nel caso di specie, la società istante fa presente di aver acquistato, in data 4 marzo 2020, un immobile fruendo delle agevolazioni fiscali recate dall’articolo 7 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, ossia dell’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna.
In sintesi, la norma in esame, che ha trovato applicazione sino al 31 dicembre 2021, ha previsto un’agevolazione per i trasferimenti di interi fabbricati, a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare, che, entro i successivi dieci anni, provvedano alla demolizione e ricostruzione degli stessi o eseguano, sui medesimi fabbricati determinati interventi edilizi (in entrambi i casi conformemente alla normativa antisismica e con il conseguimento della classe energetica “NZEB, A o B”), e poi procedano alla successiva alienazione.
Al riguardo, l’istante rappresenta che è ” in corso di vendita l’immobile senza appunto aver eseguito la trasformazione della classe energetica come previsto nel decreto sopracitato”.
Tale circostanza (vendita in assenza della valorizzazione) comporta, la decadenza dal regime agevolativo in parola, con applicazione dell’imposta di registro in misura ordinaria; la stessa, quindi, chiede di conoscere se sia possibile procedere al pagamento dell’imposta a seguito di autodenuncia resa all’Amministrazione finanziaria, senza applicazione di sanzione ovvero con applicazione della sanzione riducibile tramite l’istituto del ravvedimento operoso.
Con riferimento alla fattispecie rappresentata, l’Agenzia delle entrate osserva che la vendita dell’intero immobile, acquistato fruendo della predetta agevolazione fiscale, prima del decorso del termine di dieci anni previsto dall’articolo 7 del citato decreto legge n. 34 del 2019 senza che sia stata effettuata l’attività di valorizzazione descritta, impedisce il rispetto delle predette condizioni e, di conseguenza, integra una ipotesi di decadenza dall’agevolazione medesima, con applicazione delle ” imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sanzione pari al 30 per cento delle stesse imposte.”.

Attribuzione del codice fiscale ai minori stranieri non regolari e non accompagnati

I minori stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono iscritti al Servizio Sanitario Nazionale ed usufruiscano dell’assistenza sanitaria in condizione di parità con i cittadini italiani. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 07 giugno 2022, n. 25/E)

L’iscrizione è obbligatoria e gratuita al Servizio Sanitario Nazionale dei minori stranieri non accompagnati, anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, a seguito delle segnalazioni di legge dopo il loro ritrovamento nel territorio nazionale.
Sulla base di tali disposizioni normative a tutela dei minori stranieri, in ragione della loro condizione di maggiore vulnerabilità, e considerato che, allo stato attuale, il codice fiscale è il codice identificativo ritenuto indispensabile per l’iscrizione al SSN a cura delle strutture ASL, si rende necessaria l’attribuzione del codice fiscale a tale tipologia di minori stranieri, ancorché privi di un regolare permesso di soggiorno.
Al fine di uniformare il comportamento degli Uffici dell’Agenzia delle entrate su tutto il territorio nazionale, si forniscono, pertanto, le seguenti indicazioni operative qualora al minore non sia stato già attribuito un codice fiscale.
Le richieste di attribuzione del codice fiscale relative ai minori stranieri devono essere presentate agli uffici dell’Agenzia delle entrate dalla struttura ASL tenuta all’iscrizione al SSN dei soggetti stranieri in oggetto. La ASL richiede il codice fiscale in qualità di soggetto terzo obbligato all’indicazione del codice fiscale di altri soggetti.
Le sopraindicate richieste devono essere presentate dalla struttura ASL competente tramite il modello anagrafico AA4/8 – Domanda di attribuzione codice fiscale, comunicazione variazione dati e richiesta tesserino/duplicato tessera sanitaria (persone fisiche) come richiesta per soggetto terzo, indicando come tipologia richiedente il codice 17 – Soggetti tenuti agli obblighi di indicazione del codice fiscale di soggetto terzo, come ad esempio enti previdenziali, banche, associazioni sportive, ecc. ovvero, se relative a più minori, tramite un’unica istanza contenente tutte le informazioni previste dal suddetto modello per ogni minore. Deve essere allegata, inoltre, una dichiarazione della struttura ASL richiedente che attesti la motivazione della richiesta del codice fiscale e la corrispondenza dei dati indicati nella stessa con quelli desunti dagli atti in base ai quali effettua l’iscrizione al SSN.
L’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che riceve la domanda deve acquisire agli atti l’eventuale documentazione prodotta dalla struttura ASL ed effettuare preventivamente la ricerca del soggetto negli archivi dell’Anagrafe Tributaria, anche per dati anagrafici parziali; ciò al fine di verificare che questi non sia già titolare di un codice fiscale, registrato sulla base di dati anagrafici difformi da quelli dichiarati dalla struttura ASL.
Una volta generato il codice fiscale, l’Ufficio lo comunica all’ASL richiedente: sarà cura di tale struttura comunicare il codice fiscale a chi ne ha la responsabilità genitoriale o al responsabile della struttura di prima accoglienza.
Le strutture ASL interessate potranno stipulare con le rispettive Direzioni Regionali dell’Agenzia delle Entrate appositi protocolli d’intesa volti a concordare modalità operative efficaci ed agevoli per lo scambio delle suddette informazioni.